Di terra o di mare, di laguna o di montagna, di immense e piatte campagne solcate dai fiumi. Certo, il Veneto non sarebbe sé stesso senza Venezia. Ma la concentrazione di tesori è tale che impone di abbandonare le rotte usurate, lasciare il capoluogo sullo sfondo e andare alla ricerca della bellezza dei siti Unesco e delle due Riserve Mab Biosfera: dall’entroterra alle ultime barene, allo spettacolo dei Monti Pallidi. Nel cinquantenario dell’organizzazione dell’Onu destinata alla cultura, ecco un viaggio alla scoperta dei luoghi patrimonio dell’Umanità. Curiosa anche la lingua. È difficile che un’altra regione italiana rivendichi in maniera così perentoria il dialetto: quasi una cantilena nella “bassa” pianura rodigina, di una rotonda vivacità curiale del medio Veneto, contratto e consonantico man mano che si sale verso le Dolomiti.

Dalla Camargue italiana alle isole
L’aria è spezzata dal suono degli uccelli in volo, dal fruscio dei canneti e dalla lenta imperturbabilità della risacca. Il Delta del Po non è una propaggine nebbiosa e immobile come molti pensano, anzi: è una Camargue piena di vita, di natura selvaggia e di franca ospitalità.
La terra più giovane d’Italia, nata nel 1600 dal Taglio di Porto Viro per difendere la Laguna dall’insabbiamento, ha nel Giardino botanico di Porto Caleri il suo simbolo, riserva Biosfera 2015. Con 44 ettari di dune consolidate e 390 specie di uccelli, è il paradiso del birdwatching. A piedi, in bicicletta o in barca, ma solo a ritmo slow: la più vasta area umida d’Italia è una successione di contrasti fino alla Laguna di Caleri con gli orti di terra e di mare, dove nella Sacca degli Scardovari si produce la Tarbouriech, l’ostrica rosa allevata in corda. Di laguna in laguna, Edipo re, la nave che ha cullato le inquietudini di Pier Paolo Pasolini, oggi rinasce come mezzo lento e privilegiato per scoprire la Venezia più anfibia.

Dall’isola di San Servolo, dove il passato riverbera nel Museo della Follia Reclusa – con foto, storie e strumenti dell’ospedale psichiatrico che dal Settecento al 1978 vi ha avuto sede – fino a quella di Sant’Erasmo con i suoi orti e i vitigni di Dorona, al Lido con la ciclabile che tocca Malamocco, gli Alberoni e prosegue a Pellestrina.
Qui, tra case colorate e lenzuola che sanno di bucato, ai tavoli dell’Ostaria La Rosa i camerieri recitano a memoria un menu di mare a pochi privilegiati avventori. Muriel Balensi invece ha lasciato Parigi per vivere a Murano e crea nel suo atelier perle sommerse con la lavorazione a lume: perlaie e impiraresse, le infilatrici di perline, sono diventate patrimonio immateriale Unesco.
Di meraviglia in meraviglia, piazza delle Erbe a Padova brulica di caffè: gli affreschi sono quadri gentili sulle facciate delle case. Sotto la volta blu dipinta da Giotto nella Cappella degli Scrovegni, del resto, ha preso vita la rivoluzione del colore: per questo Padova è l’urbs picta per definizione, patrimonio Unesco dal 2021, città di eruditi e religiosi, specchio di una civiltà umanistica che ha nell’Orto botanico un monumento.
Passeggiarci riporta all’epoca di Galileo Galilei, ma la sensazione più bella è olfattiva: aromi e profumi di spezie lontane e di erbe si offrono mentre si attraversa il giardino, il più antico d’Europa a trovarsi ancora nella sua sede originaria.
L’arte ai cospetto delle montagne
Il Rinascimento è invece il tempo di Vicenza. La Basilica, nel cuore di piazza dei Signori, non è una solo chiesa ma anche teatro di una borghesia opulenta e ambiziosa. La committenza perfetta per Andrea Palladio. L’emozione più bella è salire sul tetto: dalla terrazza puntellata di dèi in marmo lo sguardo corre sull’armonia della città palladiana.
A sud, l’opera testamento: il Teatro Olimpico, il più antico Stabile coperto del mondo. Ma esiste anche una bellezza quotidiana, se non proprio democratica. L’abitare in villa ha generato un patrimonio di dimore protette dall’Unesco dal 1996. Tra quelle palladiane, Villa Capra detta la Rotonda è forse la più enigmatica. Su un colle che guarda la città, è insieme dimora rurale e tempio pagano. Ma anche set cinematografico: qui Joseph Losey ambientò alcune scene del suo celebre Don Giovanni.

Che lo si guardi da Vicenza o da Treviso, anche da Belluno nei giorni più tersi, all’improvviso il Massiccio del Grappa – riserva Mab Biosfera dal 2021 – può spolverarsi di nebbia. Motivo in più per entrare nella Galleria Vittorio Emanuele III, costruita per difendere la linea del fronte nel 1917. Caschetto e giubbotto, per 800 metri la guerra si può sentire dentro le ossa. E sarà più bello, poi, godersi il cielo e l’aria in silenzio davanti al Sacrario che unisce tutti i caduti al fronte.
Sarà il retaggio di una cultura povera, ma il Veneto è una grande cucina che sprigiona odori, una tavola sempre apparecchiata. Dall’Adriatico arrivano il broeto chioggiotto, i bigoli in salsa, le sarde in saor, l’anguilla, il baccalà alla vicentina.
La campagna regala il radicchio e specialità come risi e bisi e pasta e fagioli, la montagna i casunziei, il pastin, polenta e sopressa. E se il Prosecco e il Valpolicella sono l’Olimpo della viticoltura, vitigni autoctoni come la Recantina e il Raboso regalano interessanti scoperte. Esistono ancora le vecchie osterie? L’unica risposta possibile è qui, sulle colline del Prosecco Superiore diventate nel 2019 Patrimonio Unesco. “Il vino”, conferma Marina Montedoro, presidente dell’associazione per le Colline del Prosecco, “qui ha costruito il paesaggio: colline esposte al sole orlate di viti dove la viticoltura è eroica, sa di fatica e forti pendenze”. Possono persino nascere giardini, come quello aromatico di Gianluca Bisol sulla collina di Cartizze.
Si riparte seguendo il corso del Piave. Dove la valle inizia a chiudersi, l’enrosadira accende le montagne di una luce quasi ambrata: ecco le Dolomiti, terra di confine e di minoranze, dove la cultura ladina ha una sua orgogliosa roccaforte. A Cortina, Ernest Hemingway aveva imparato da Fernanda Pivano Tutti mi chiamano bionda: la canzone gli era rimasta nel cuore, assieme al tramonto che colora di rosa le Tofane, i gruppi del Nuvolau e del Cristallo e i massicci del Pomagagnon e del Sorapiss. Ma non c’è solo la natura. Le Dolomiti sono anche luogo di ritorni e nuovi progetti di vita. Nasce da Edoardo Bottacin e Michela Manaigo, oboista ampezzana, CortinAteatro, che ha riacceso le luci dell’Alexander Girardi Hall con una stagione di concerti, prosa e opera.

Le donne sono antiche e nuove protagoniste. Rosella Orlandi è l’ultima pescatora del Garda, in acqua ha conosciuto la vita e l’amore. La sua città è Peschiera, dove i battelli circumnavigano la fortezza e mostrano la solidità dei bastioni, Patrimonio Unesco dal 2017.
Scende la sera, piazza Bra è illuminata mentre il passo accelera verso gli Arcovoli. Un tempo case, botteghe e luoghi di malaffare, oggi sono il vestibolo per accedere al palcoscenico dove la lirica diventa kolossal, l’Arena di Verona. Poi, a sipario chiuso, l’uscita è sull’ampio marciapiede del Liston, tappeto rosso in pietra, sintesi di un Veneto ancora aperto alla condivisione, in fondo flâneur e gaudente.